Interviste 

Psichedelico, energico, sognante. Intervista ai Jasife

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Si parte dal jazz, dalle sonorità anni 70 e dalla comune devozione verso il sound più groove, in senso assai ampio, per giungere a ciò che gli JASIFE hanno definito “meltronic” per spiegare, in qualche modo, il loro modo d’intendere e di fare musica.
Gli JASIFE sono un giovane trio musicale pieno d’energia, che lentamente sta conquistando una posizione nella scena underground vicentina. Nascono ufficialmente nel marzo 2016 e sono Jader Girardello alla tastiera, Marco Sinico (detto Il Sizzy) alla batteria e Federico Saggin al basso; l’unione dei loro nomi e delle loro influenze ha portato alla creazione di questo gruppo.

Presentatevi ai nostri lettori spiegando, ad esempio, come avete capito essere il momento giusto per unirvi ufficialmente e mettervi in gioco, musicalmente parlando.

Ciao a tutti io sono Jader, il tastierista della band. Per la prima volta quando ci siamo incontrati in sala prove, abbiamo cominciato a improvvisare. In quel momento ci siamo subito intesi. È nata una jam session molto interessante. Alla fine dell’improvvisazione eravamo felici. Ci capivamo. C’era un’ottima sinergia e interplay. Le nostre disparate influenze si fondevano bene creando una miscela originale. Da quel momento abbiamo deciso di suonare insieme.

Nonostante sia solo agli inizi, il trio ha già regalato forti emozioni al loro pubblico: il Ferrock Festival 2018 ha permesso la loro partecipazione in supporto ai ONE DIMENSIONAL MAN. Gli JASIFE vincono nelle categorie Premio della critica, Miglior batterista e Premio Ferrock oltre al secondo posto come Miglior tastierista ed il terzo posto come Miglio bassista.

Com’è stato fare da spalla ad una indie band di gran spessore come i ONE DIMENSIONAL MAN?

Per noi è stata un’esperienza emozionante sotto diversi punti di vista. Il percorso per arrivare a quel concerto è stato molto lungo. Abbiamo partecipato al Vicenza Rock Contest e, dopo diverse serate, siamo arrivati alla fase finale. Sono stati gli organizzatori del Ferrock a selezionarci e questa per noi è stata una grande soddisfazione. Quando ci hanno detto che dovevamo aprire ai “One Dimensional Man” per noi è stato un modo per mettercela tutta sul palco e per far vedere cosa sapevamo fare. Inoltre le luci a led, che avevamo dietro le nostre spalle, hanno reso l’atmosfera onirica in simbiosi con la nostra musica. Poi fa sempre piacere suonare in palchi importanti. Ci dà motivazioni ed energie per poter andare avanti con il nostro progetto.

La particolarità di questo gruppo è certamente la voglia di giocare con i ritmi e le melodie, l’interesse per la fusione e la sperimentazione oltre che le ottime capacità compositive di cui sono portatori. L’improvvisazione rappresenta per loro una solida base di approccio con la loro musica, che solo in seguito sfocia nei brani che ad oggi ascoltiamo sulle svariate piattaforme. A chi domanda “cosa suonate” Jader risponde “Ascoltateci e lo scoprirete”.

Credete che la vostra musica abbia un target o che sia di facile approccio per chiunque?
A cosa vi ispirate durante la composizione dei vostri brani?

Facendo un genere strumentale e mancando una voce, il pubblico deve concentrarsi sugli arrangiamenti e sulle melodie delle nostre composizioni. Le nostre canzoni non hanno una struttura “cervellotica”. Non vogliamo perderci in variazioni o tecnicismi. Per questo chi ci ascolta può apprezzare il senso melodico dei nostri brani. È vero. È una musica che necessita di ascolti ripetuti per essere ben assimilata. Sappiamo di non fare singoli da radio quando componiamo. Però siamo dell’idea che musicisti, amanti della musica, persone che hanno voglia di sentire qualcosa di diverso possono trovare nel nostro disco un ascolto stimolante. In generale i nostri brani nascono da riorganizzazioni di jam session. Ci troviamo in sala prove. Suoniamo e ciò che viene fuori lo registriamo. In un secondo momento, cerchiamo di trovare una struttura. Altre volte capita che uno di noi abbia delle parti che vuole condividere. In questo caso l’idea comincia da uno ma poi insieme la sporchiamo. Ognuno aggiunge qualcosa.

L’ispirazione di solito proviene da un’immagine, una sensazione. “Leaves” ricorda vagamente le foglie mosse dal vento. “Rising” è il sole che nasce ogni giorno. “Strive” è un combattimento, una lotta in un ring. Anche una parola che suona bene diventa il titolo della nostra composizione come ad esempio “Chood”.

A proposito di ciò è d’obbligo ricordare che è finalmente possibile soddisfare ogni curiosità circa gli JASIFE: a distanza di un anno dal primo EP composto da tre brani, significativamente diversi fra loro, decidono di lavorare al primo album, il quale prende il nome di ROOTS ed è disponibile dal 12 luglio in cd e in digitale. L’album è stato registrato e missato da Tommaso Canazza presso la New Emotions Records. Il mastering è stato frutto di Davide Saggioro presso la Wise Mastering.

Otto brani puramente strumentali, senza alcuna voce a disturbare i fluttuanti pensieri dell’ascoltatore, il quale si ritrova ad inseguire ritmi sopraffini che volgono poi a riff più sfrenati, ma estremamente melodici. Chood, quarta traccia del disco, risulta sicuramente la più incalzante, mentre in Rising scopriamo la tanto bramata fusione del sound ruvido alla cadenza elettronica. Ocean sfoggia una risonanza quasi psichedelica
e la conclusione arriva con Flow, una nenia tastierizzata il cui risveglio, in estrema chiusura è dato da sempre più decise note di batteria.

In che modo vi siete approcciati ai vostri collaboratori per la realizzazione del vostro primo album?

Dopo aver vinto un contest in provincia di Verona nel 2016, Musica in Action, abbiamo avuto l’occasione di registrare il nostro EP presso New Emotions Records dove vi lavora Tommaso Canazza. Visto che ci era piaciuto il suo modo di lavorare, decidemmo di andare a registrare l’album sempre nello stesso studio con la sua supervisione. Il risultato per noi è stato soddisfacente. Per ciò che riguarda il mastering, Tommaso ci ha suggerito di sentire Davide Saggioro. Abbiamo chiesto ad altri studi di lavorare sui nostri brani. Davide però ci ha convinto perché è stato fedele al mixing di Tommaso dando una maggiore spinta alle frequenze basse e rendendo le composizioni più incisive.

Ci svelereste a quale di questi otto inediti siete più legati o una curiosità su uno di essi?

Possiamo dire che “Strive” è il nostro cavallo di battaglia. Quando la suoniamo dal vivo ci gasa parecchio e spesso la inseriamo alla fine della scaletta. È un brano energico. È un pugno in faccia. È un incontro tra due pugili su un ring. È sudore che cola dalla fronte. Anche se nei nostri brani non ci sono significati morali per la mancanza di un testo, credo che questa musica trasmetta la voglia di non arrendersi mai, di lottare perché solo se combatti puoi avere un’opportunità per vincere. Quando la suoniamo è come se dicessimo al pubblico: “Siamo un trio. Non abbiamo una voce. Non facciamo canzoni radiofoniche. Ricordatevi di noi perché, prima di scendere dal palco, abbiamo ancora energia per lottare”.

Per ciò che riguarda le curiosità sui brani vi possiamo parlare di “Rising”. Tre giorni prima di registrarla, le strofe erano suonate in modo diverso. Federico voleva inserirci una linea di synth e noi abbiamo creduto nella sua idea. È stato un lavoraccio ma ne è valsa la pena.

Un altro aneddoto curioso riguarda “Flow”. Non sapevamo come concludere il disco. Tra le tante registrazioni che avevo fatto, c’era questo brano. Lo feci ascoltare a Sizzy e a Federico e si misero a ridere. Non era nelle loro corde. Un giorno però Federico ascoltò la traccia. La voleva alla fine dell’album. Gli ricordai della scena della risata che lui si era scordato. Si impuntò lo stesso. Così da una presa in giro nacque “Flow”.

ROOTS è un album fresco e al contempo profondo, un saliscendi di ritmi e atmosfere; anche il titolo
richiama un concetto di radici che loro stessi hanno definito essere, concettualmente, le basi del loro
percorso musicale, qualcosa che vogliono far nascere, crescere e coltivare il più possibile con il sostegno dei loro fan. Ecco perché i giovani JASIFE hanno optato per una campagna crowdfunding sulla piattaforma di Musicraiser, riscontrando un ottimo successo.

Definireste questo vostro primo lavoro con tre aggettivi?

Psichedelico, energico, sognante.

Avete raggiunto il 121% dell’obiettivo prefissato per la produzione di Roots, come vi sentite a riguardo?

Dobbiamo essere sinceri. La campagna di Musicraiser ci ha impegnato parecchio. Però gli sforzi sono stati ripagati. La cosa che ci ha fatto piacere è che molti dei nostri amici ci sostengono e ci danno l’entusiasmo per poter andare avanti coi nostri progetti. Alla fine dei conti la motivazione è tutto. Quella è la nostra benzina. Visto che a Vicenza noi band underground non ce la stiamo spassando troppo bene con la chiusura di molti locali, vedere che qualcuno ci sostiene e ci incoraggia ci fa molto piacere. Colgo l’occasione per ringraziare tutti i Raisers che ci hanno aiutato nella realizzazione del disco. Senza di loro non avremmo fatto molta strada. Per questo nella copia fisica di “Roots” ci sono tutti i nomi di chi ha donato soldi per noi. Grazie a Fix on Magazine per averci dato lo spazio per raccontarci.

Concludiamo augurando il meglio a questi giovani talenti pronti a cavalcare il mondo della musica
indipendente, potete trovare gli JASIFE su Facebook, su Instagram e ascoltarli in digitale su SoundCloud.

Facebook: https://www.facebook.com/jasifeband/
Sound Cloud: https://soundcloud.com/jasife/sets/roots/s-S0r2N

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